“Vorrei che da Viggiano insieme a Maria salga una grande invocazione di pace! Fermatevi! Dobbiamo credere nella giustizia e non nelle armi, nel dialogo e non nella forza che tutto distrugge, anche l’umana pietà. Da questa preghiera insieme a Maria, regina della pace, nascano tanti segni di solidarietà e un’ alleanza consapevole e determinata per la pace”. Con queste parole, il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha rivolto un appello per la pace nel corso della celebrazione che ha presieduto ieri in Basilicata in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna del Sacro Monte di Viggiano.
Nell’omelia il porporato ha ammonito: “La guerra è una parola che andrebbe abolita, non ripristinata! Le vittime chiedono a tutti di disarmare le parole e le mani, di disinquinare a partire da noi stesi il mondo dall’odio, da ogni violenza, dall’esibizione e dall’uso della propria forza che distrugge o provoca di conseguenza la ricerca di altra analoga o maggiore forza. Disarmiamo i nostri cuori per disarmare il mondo”. “La pace inizia da noi”, ha ricordato il cardinale, prima di osservare: “Quanto veleno di cattiveria, di vendetta, di ignoranza aggressiva, di pregiudizi, di rabbia che a volte diventa ossessione, insomma di non saperci più parlare amichevolmente come avvenne ai fratelli di Giuseppe! È pericoloso!”. “L’odio non è mai inerte!”, ha sottolineato, rilevando che “quando non ascoltiamo Dio finiamo, come Caino per assecondare l’istinto che distrugge il fratello ma anche la nostra stessa vita che non esiste senza di lui. Caino pensava di usare la forza, ma la guerra distrugge tutti anche chi crede di usarla”.
Un messaggio, quello del presidente della Cei, che ha trovato eco nelle parole di mons. Davide Carbonaro, arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo e presidente della Conferenza episcopale di Basilicata, che nel suo saluto ha sottolineato: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace… Sono i piedi di Maria che percorrono le nostre contrade e ci prospettano strade di pace in questo tempo così tormentato dalle divisioni e dalle guerre”. “La nostra – ha continuato – è una terra di profonda semplicità e di ostinata concretezza. Siamo custodi di una storia viva e di una fede popolare mai rassegnata, sempre capace di riaccendersi come i meriggi che colorano di speranza i nostri orizzonti”.
dal SIR