Giubileo, Zuppi: l’umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità

Quarantamila giovani italiani all’incontro in piazza san Pietro “Tu sei Pietro”. Il presidente della Cei insiste: disarmare cuore e mani in un mondo violento. Videomessaggio del Patriarca di Gerusalemme, Pizzaballa: diventiamo operatori di pace, è ancora possibile. In questo “mare incredibile di sfiducia e di odio”, l’elogio dei tanti che non si arrendono al male e puntano sul “noi insieme” e non su una logica di prevaricazione

“Sentitevi abbracciati questa sera da tutta la Chiesa che guarda con gioia, simpatia e fiducia la freschezza e la spontaneità della vostra vita”. Il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, presiede il rito di professione di fede con 40 mila giovani italiani riuniti per il loro Giubileo in una piazza san Pietro sfolgorante di energia. È una famiglia universale quella che si stringe nel cuore di Roma, e l’esortazione è a sentirsi tutti, tutti, tutti, inclusi. Il ricordo esplicitato dal cardinale è per Papa Francesco: “Penso che Papa Francesco ci benedica dal Cielo”. Un pomeriggio riscaldato interiormente da animazione musicale, letture bibliche, testimonianze di fede, ma anche, soprattutto, dalla vicinanza spirituale ai tanti luoghi dove la guerra distrugge anime, corpi, case.

“L’umanità deve porre fine alla guerra o la guerra porrà fine all’umanità”. Così scandisce il porporato nell’omelia, dopo la proiezione del videomessaggio del patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa e la lettura del racconto dell’evangelista Matteo in cui Gesù dà le chiavi del Regno di Dio all’apostolo Pietro. Perché la gioia è intrisa di apprensione per chi la gioia ogni giorno la vede scomparire a causa dei conflitti. E i due cardinali, a distanza ma intimamente uniti nella supplica a Dio, se ne fanno portavoce. Il pensiero del capo dei vescovi italiani va alle “croci costruite follemente dagli uomini che fabbricano armi per uccidere” e che “distruggono quello che fa vivere, anche gli ospedali. La Chiesa – lamenta – è sotto la croce con gli occhi pieni di lacrime e il cuore ferito per tanta enorme sofferenza, insopportabile per una madre come deve esserlo sempre per l’umanità tutta”. Oggi si combattono tante inutili stragi, tante guerre, constata e aggiunge: “Basta andare a vedere i cimiteri di guerra”. Zuppi ricorda poi le parole pronunciate da Leone XIV appena dopo l’elezione, quando chiese una pace disarmata e disarmante. Da qui l’appello del cardinale, arcivescovo di Bologna: “Disarmiamo i nostri cuori per disarmare cuori e mani di un mondo violento, per guarirne le cicatrici, per impedire nuovi conflitti!”.

“È un mondo che accetta di nuovo come normale pensarsi l’uno contro l’altro o l’uno senza l’altro, che in modo dissennato non ha paura della forza inimmaginabile degli ordigni nucleari”. È quanto il cardinale Zuppi pone al centro della sua riflessione, preoccupato della logica di prevaricazione che ormai pare diventata assolutamente “normale” oggi. Fa proprio l’invito del cardinale Pizzaballa dalla Terra Santa a essere operatori di pace “per difendere la vita sempre dal suo inizio alla fine, di tutti, senza distinzioni, rivestendo la persona sempre di dignità e cura”. E poi inanella una serie di domande di fronte all’evidenza di troppe armi, troppa vendetta, tanta “amarissima e atroce solitudine”, tanta rassegnazione, tanta confusione nella mente. Accenna a braccio, anche al fenomeno di tanti che vanno “in giro col coltellino”.

L’auspicio del cardinale è che le comunità diventino case di pace, “piccole ma mai mediocri, grandi perché umili, libere perché legate dall’amore, capaci di lavorare gli uni per gli altri e di pensarsi insieme”. Perché, precisa, anche le più piccole sono sempre grandi se dentro c’è il Signore e possiamo fare grandi cose. E qui scattano fragorosi gli applausi della folla. E, infine, l’invito a confessare la fede sia individualmente che insieme, per sostenersi a vicenda, attingere alla fraternità, all’amicizia. Volersi bene, chiosa, “perché l’amore ripara, ripara tutto, sempre, molto più di quello che crediamo”.